Comunicare con empatia: la storia del mostro che cresceva con la rabbia

Published: 24 March 2018
on channel: Psicologia - Luca Mazzucchelli
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Comunicare con empatia non è semplice, specialmente davanti alle persone difficili che incontriamo nella nostra vita. La storia del mostro che cresceva con la rabbia ci insegna l'importanza di una comunicazione empatica e assertiva per far scomparire "il mostro".


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Illustrazioni di Erica Merlin www.ericamerlo.com

#comunicare #empatia #rabbia

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C’era una volta un re. Era un tipo saggio, curioso, gli piaceva stare
a contatto con la natura e come poteva lasciava il suo castello, per andare a rilassarsi al
mare. Un giorno, quando il Re era in spiaggia, un piccolo mostriciattolo bussò alla porta del castello. Una delle guardie lo vide e disse: «Ehi tu, brutto sporco mostriciattolo… che ci fai qui? Non meriti di stare nel palazzo del re, vattene via immediatamente!»
E con ogni parola respingente, di negatività e cattiveria, il mostro cresceva di più, di più e di più finché divenne così grosso che con una piccola spinta si sbarazzò della guardia e tirò giù la porta di ingresso al castello.
Entrato nel palazzo del re, immediatamente altre guardie lo videro e corsero verso di lui dicendo: «Ehi! Chi ti ha lasciato entrare? Fuori di qui brutto mostro puzzolente!»

E ogni parola che cercava di respingerlo, allontanarlo e di disprezzarlo, ogni parola di negatività e cattiveria faceva diventare il mostro sempre più grande, minaccioso e maleodorante. E così il mostro si liberò facilmente anche
delle altre guardie per andare ai piani alti del palazzo, direttamente nella sala del trono,
ci si sedette sopra e prese il controllo di tutto il palazzo.

Un uomo molto vicino al re aveva osservato tutta la vicenda di nascosto e pensò: il re saprà cosa fare. Così corse in spiaggia e gli disse: «Re! Non sa cosa è successo: il suo palazzo
è stato occupato da un mostro!”
Il re era un uomo molto saggio, fece un respiro profondo e disse: «Okay. Portami da lui». Allora il re tornò al palazzo e vide subito il portone di ingresso sfondato. Salì nella stanza del trono e disse al mostro: «Benvenuto. Sono contento di conoscerti, come stai?»
E con ogni parola di gentilezza, comprensione e accoglienza il mostro diventava più piccolo.
«Ehi, mostro… sai che non hai un grande odore? Dovresti farti un bagno nella mia vasca…
Compagni, prendetevi cura del mio amico, lavatelo per bene e mettetelo a suo agio”»
E con ogni parola di gentilezza, accoglienza, accettazione, quel mostro continuava a sgonfiarsi, a rimpicciolirsi. Finché alla fine il re disse: «Sai mostro? Puoi stare qui finché vorrai»

E in quel momento il mostro scomparì.

Da questa storia possiamo trarre diverse morali:
Una prima è relativa a come il nostro modo di relazionarci con gli altri abbia delle chiare conseguenze sul loro comportamento nei nostri confronti.
Qualcuno diceva: trattate le persone come sono e lo resteranno, trattatele come vorreste che fossero e lo diventeranno. In effetti raramente immettere rabbia e disprezzo nelle persone le fa diventare docili e accondiscendenti e il modo migliore per trattare gli altri è dare noi per primi l’esempio, riconoscere l’altro nei suoi bisogni con uno spirito di ascolto curioso e aperto.

Una seconda morale, invece, probabilmente quella più profonda e importante, rimanda al rapporto che intratteniamo con il mostro quando questo si trova al nostro interno: la rabbia, gelosia, negatività e tristezza che cerchiamo di mandare via, che non vogliamo con noi perché pensiamo non ci appartenga… il risultato è che più cerchiamo di cacciarla e più diventa grande, forte, robusta. Invece, spesso, è approcciandoci ai nostri sentimenti scomodi con gentilezza e curiosità e accettazione che possiamo meglio comprenderli e scioglierli. È quando abbiamo l’intenzione di appacificarci con questa parte di noi e prendercene cura che possiamo guardarla in faccia e toccarla con mano.

E talvolta scoprire che una volta toccato, questo mostro, può anche smettere di essere tale."


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